Da ormai un anno, siamo abituati a compilare l’autocertificazione con il costante timore che ci venga contestato ciò che stiamo facendo e dove stiamo andando.

Se non viene giustificato il motivo dello spostamento si rischia di incorrere in una sanzione amministrativa.

Se si dichiara il falso, probabilmente si verrà accusati di falso ideologico in atto pubblico ai sensi dell’art. 483 c.p. Ma è sempre così?

L’art. 483 c.p., infatti, incrimina esclusivamente il privato che attesti al pubblico ufficiale “fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”. Quali sono questi fatti? Dire “sto andando al supermercato” è equivalente a dire “sono andato a fare la spesa?”.

A distanza di un anno, iniziano ad arrivare le prime pronunce. Il Tribunale di Milano, con sentenza del 16/11/2020 ha assolto l’imputato per insussistenza del fatto, poiché per la giurisprudenza, pacificamente, sono estranee all’ambito di applicazione dell’art. 483 c.p. le dichiarazioni che non riguardino “fatti” di cui può essere attestata la verità, ossia fatti già accaduti, ma che si rivelino mere manifestazioni di volontà, intenzioni o propositi.

Nella sentenza si legge “(…) Nel caso di specie, (omissis…) non ha certo attestato un fatto già accaduto nella realtà esteriore ma si è limitato a dichiarare una propria volontà, che si è rivelata ex post priva di riscontro. Ne consegue l’impossibilità, in relazione a quanto si è detto, di ritenere integrati gli estremi del delitto di cui all’art. 483 c.p. e di ogni altro reato in materia di falso, ferma l’eventuale rilievo quale autonomo illecito amministrativo ex art. 4 D.L. n. 19/2020”.

Dunque, secondo il Tribunale di Milano, dichiarare nell’autocertificazione un evento futuro e incerto o un’intenzione, come “sto andando in farmacia” non è reato, potendo al più essere irrogata la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 400 a 1.000 euro.

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