La sentenza n. 12348/2020 delle Sezioni Unite della Cassazione è una sentenza storica, che sicuramente farà discutere quanti sono contrari ad ogni tipo di sostanza stupefacente. Saranno invece entusiasti coloro i quali consumano marijuana, che fino ad ora erano costretti ad acquistare la cannabis esclusivamente nei negozi autorizzati.

Sui requisiti necessari da rispettare per non incorrere in un reato o in un illecito amministrativo la Corte Suprema di cassazione è chiara: poche piante, mezzi rudimentali per la coltivazione, quantità esigua della sostanza ricavabile e consumo personale.

Questo il principio di diritto formulato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite: “Il reato di coltivazione di stupefacenti è configurabile indipendentemente dalla quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza, essendo sufficienti la conformità del tipo botanico e la sua attitudine, anche per le modalità di coltivazione, a giungere a maturazione e a produrre sostanza stupefacente; devono però ritenersi escluse, in quanto non riconducibili nell’ambito della norma penale: le attività di coltivazioni di minime dimensioni svolte in forma domestica, che per le rudimentali tecniche utilizzate, lo scarso numero di piante, il modestissimo quantitativo di prodotto ricavabile, la mancanza di ulteriori indici di un loro inserimento nell’ambito del mercato degli stupefacenti, appaiono destinate in via esclusiva all’uso personale del coltivatore

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