Esiste un tetto massimo entro il quale contenere l’assegno di divorzio tenendo conto dell’assetto stabilito nella separazione

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Si ritiene interessante evidenziare una pronuncia del Tribunale di Milano (Trib. Milano, sez. IX civ., 18 gennaio 2017), la quale ritiene che un utile elemento di valutazione ai fini della determinazione e quantificazione dell’assegno divorzile possa essere costituito dall’assetto economico concordato dai coniugi in sede di separazione.

Tale assetto economico, infatti, di regola costituisce l’ammontare massimo entro cui va fissato il quantum dell’assegno di divorzio, salvo venga data prova di un significativo incremento della situazione economico-patrimoniale del coniuge obbligato, successivo alla separazione, conseguente ad aspettative maturate nel corso del matrimonio e quindi costituenti sviluppo naturale e prevedibile dell’attività svolta durante il matrimonio o venga data prova comunque di una significativa modifica della situazione economico-reddituale dei coniugi.

Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il presupposto per l’erogazione dell’assegno divorzile è l’inadeguatezza dei mezzi economici a disposizione del richiedente per consentirgli il mantenimento di un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, tenuto conto delle aspettative maturate nel corso dell’unione coniugale e valutata in concreto l’incapacità del coniuge richiedente di procurarsi tali mezzi economici per ragioni oggettive (cfr. Cass Civ. 2008/24858; 2007/25019; 2015/11870).

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