Green pass: il dirigente può conoscere i dati sanitari degli insegnanti?

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Con la ripartenza delle scuole e delle attività lavorative vi è il problema dell’obbligatorietà della c.d. “certificazione verde” per talune categorie di lavoratori.

Il green pass è una certificazione che può essere rilasciata, alternativamente, se il soggetto:

  • è stato vaccinato contro il COVID-19;
  • ha effettuato un tampone, molecolare o antigenico-rapido, con esito negativo, nelle 48 ore precedenti;
  • è guarito dall’infezione da COVID-19.

Tale “certificazione verde”, nata inizialmente in sede europea, ha preso piede anche nel territorio nazionale, proprio in vista di una “ripartenza in sicurezza”, limitatamente ad alcune categorie di lavoratori. In particolare, i commi 1 e 2 dell’art. 9-ter del D.L. 22 aprile 2021, n. 52 prevedono che “dal 1° settembre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione in presenza del servizio essenziale di istruzione, tutto il personale scolastico del sistema nazionale di istruzione e universitario, nonché gli studenti universitari, devono possedere e sono tenuti a esibire la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2”.

Inoltre “Il mancato rispetto delle disposizioni di cui al comma 1 da parte del personale scolastico e di quello universitario è considerato assenza ingiustificata e a decorrere dal quinto giorno di assenza il rapporto di lavoro è sospeso e non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato”.

Tuttavia, essendo quello del green pass uno strumento “emergenziale” del tutto sconosciuto al panorama legislativo nazionale, sorgono tutta una serie di difficoltà di ordine pratico in relazione al suo utilizzo.

Oltre all’esigenza di tutelare la salute collettiva, infatti, dev’essere preservato il diritto alla privacy degli insegnanti, i quali, esibendo il green pass, incorrono nel rischio di fornire a terzi i loro dati sanitari, che per la loro rilevanza sono definiti dal legislatore “sensibili”, e che possono essere visionati esclusivamente dalle autorità competenti per il loro trattamento.

Sul punto, è intervenuta il 31 agosto scorso la Comunicazione del Garante della Privacy la quale afferma che le istituzioni scolastiche, in qualità di datori di lavoro, si limiteranno a verificare il mero possesso della certificazione verde Covid19 da parte del personale, trattando esclusivamente i dati necessari, attraverso il Sistema informativo dell’istruzione-Sidi e la Piattaforma nazionale-Dgc.

Più in particolare, la verifica quotidiana del possesso delle certificazioni verdi COVID-19 in corso di validità sarà effettuata prima dell’accesso del personale interessato nella sede ove presta servizio e la predetta attività di verifica, con riguardo ai dirigenti scolastici, sarà svolta dall’Ufficio scolastico regionale competente.

Il Garante della Privacy ha poi specificato che i presidi non devono conoscere le scelte sanitarie dei professori, schierandosi, quindi, contro le cosiddette “liste dei professori no vax”. Infatti, afferma il Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, “non è consentita la verifica diretta delle scelte vaccinali e della condizione sanitaria da parte dei dirigenti scolastici: devono limitarsi a verificare il possesso di una certificazione valida”.

È di qualche giorno fa, poi, l’Ordinanza della Corte di Cassazione (Ordinanza della Cassazione Civile Sez. 6 n. 23524/2021 del 27 agosto) con la quale i giudici hanno affermato che il dirigente scolastico non ha il potere di sospendere i docenti che dovessero risultare privi di certificazione verde.

Nello specifico, la Corte d’Appello ha riconosciuto come incompetente il dirigente scolastico a provvedere a tali sanzioni, che spettano invece all’Ufficio per i Procedimenti Disciplinari.

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