Il coniuge che non paga l’assegno di mantenimento e lede l’onore o l’integrità psicofisica del coniuge separato o divorziato va condannato in favore dell’ex compagno al risarcimento dei danni morali che possono consistere in un turbamento psichico transitorio e soggettivo

  1. Home
  2. Diritto di Famiglia
  3. Il coniuge che non paga l’assegno di mantenimento e lede l’onore o l’integrità psicofisica del coniuge separato o divorziato va condannato in favore dell’ex compagno al risarcimento dei danni morali che possono consistere in un turbamento psichico transitorio e soggettivo

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 17144/ 2018 del 12/09/2018, si è pronunciato sulla domanda di risarcimento dei danni lamentati da una donna, che agiva anche per conto dei tre figli, per la violazione degli obblighi di mantenimento, oltre che per la lesione della sua dignità e del suo onore da parte dell’ex marito.

Sono sempre più frequenti le domande di risarcimento dei danni, proposte da un familiare nei confronti di altri componenti della famiglia, per comportamenti pregiudizievoli ritenuti lesivi della propria personalità, tali da configurare vere e proprie ipotesi di responsabilità civile, ovvero da “illecito endofamiliare”.

A fronte di condotte poste in essere in violazione di obblighi genitoriali e coniugali, integranti lesioni che si ripercuotono sui diritti fondamentali della persona, quali la dignità e il decoro, è possibile, infatti, esperire, il rimedio generale di tutela previsto dall’art. 2043 del codice civile.

Rientrano nella fattispecie del “danno endofamiliare” quella pluralità di comportamenti che siano lesivi della dignità e dell’onore o della reputazione di un coniuge (es. la violazione dell’obbligo di fedeltà quando sia così grave da offendere la dignità e la rispettabilità del consorte); i comportamenti violenti, discriminatori o sleali che siano lesivi della persona stessa e della sua integrità psicofisica (es. il tenere all’oscuro il coniuge circa la propria impotenza o lo stato di gravidanza causato da altri); i casi di mancata assistenza materiale (es. mancato mantenimento del coniuge): queste situazioni trovano sicuramente rimedio nella richiesta di addebito, ma giustificano anche l’ulteriore richiesta risarcitoria in quanto, incidendo sui beni essenziali della vita, producono un danno ingiusto.

Si registrano episodi di “illecito endofamiliare” anche nei rapporti di filiazione, basti pensare, ad esempio, ai comportamenti omissivi di completo disinteresse verso la prole, ai danni arrecati nella sfera patrimoniale del figlio per non aver potuto egli godere del mantenimento, dell’istruzione e dell’educazione che il genitore inadempiente avrebbe dovuto garantirgli, o ancora ai comportamenti volti ad ostacolare gli incontri con l’altro genitore che integrano una lesione dei diritti del genitore e del figlio.

Nel caso di specie, la donna lamentava il sistematico inadempimento, da parte del marito, degli obblighi di mantenimento posti a suo carico con sentenza di divorzio, in favore di moglie e figli, nonché dell’obbligo di corrispondere il canone di locazione dell’immobile abitato dalla stessa e dai figli il cui contratto era stato sottoscritto da entrambi.

Inoltre, la moglie imputava all’ex marito condotte lesive della sua dignità e del suo onore, consistite nell’averla offesa e minacciata financo di morte, al punto che ella aveva sporto denuncia nei suoi confronti, ed aveva inoltre intrapreso azione esecutiva per il recupero dell’ingente credito derivante dall’anzidetto inadempimento.

Il Tribunale ha ritenuto la fondatezza della domanda, anzitutto con riguardo all’inadempimento degli obblighi di mantenimento, osservando come tale condotta sia prevista e punita come reato dall’art. 12 sexies della legge n. 898/1970, che estende al coniuge divorziato inadempiente le pene previste dall’art. 570 del codice penale.

Esso ha poi ritenuto che l’attrice avesse dimostrato, con prova testimoniale, pure quanto aveva allegato relativamente alle offese ed alle minacce ricevute a mezzo di alcuni messaggi, con i quali l’ex marito l’aveva minacciata “di farla morire di fame”, ciò che le aveva provocato “attacchi di panico”.

Tali condotte, secondo il Tribunale, avevano integrato il “delitto di minaccia (art. 612 c.p.)” ed erano “idonee ad ingenerare nella vittima uno stato di ansia e preoccupazione, un turbamento psichico transitorio e soggettivo conseguente proprio il fatto reato, come, peraltro, confermato nel caso specifico dal teste escusso, turbamento in cui si sostanzia il cosiddetto danno morale, risarcibile a mente del disposto dell’art. 2059 c.c. in presenza di un reato anche se accertato incidentalmente”.

La sentenza ha così accertato il diritto della moglie al risarcimento del danno non patrimoniale, che è stato liquidato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c..

Menu