Il fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto

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Il Trattamento di fine rapporto, regolamentato dall’art. 2120 c.c., è quella somma che il datore di lavoro deve corrispondere al dipendente in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro. Il trattamento in parola si calcola sommando, per ogni anno, una quota pari alla retribuzione annuale diviso per 13,5 ed alla quale va aggiunta la rivalutazione dell’importo accantonato l’anno precedente.

Il diritto al TFR matura esclusivamente al momento della cessazione del rapporto di lavoro, essendo le quote annuali meri accantonamenti contabili. Il diritto al TFR si prescrive in cinque anni (art. 2948, comma 5, c.c.) che decorrono dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Quando il diritto al TFR è riconosciuto da sentenza di condanna passata in giudicato si prescrive in dieci anni (art. 2953 c.c.).

L’art. 2 della Legge 29 maggio 1982, n. 297 ha istituito presso l’INPS il “Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto” con lo scopo di intervenire nel pagamento del TFR in sostituzione del datore di lavoro in caso di insolvenza di quest’ultimo. Possono richiedere l’intervento del Fondo tutti i lavoratori dipendenti da datori di lavoro tenuti al versamento all’Istituto del contributo che alimenta la Gestione, compresi i lavoratori con la qualifica di apprendista ed i dirigenti di aziende industriali. In caso di decesso del lavoratore, l’intervento del Fondo può essere richiesto dagli “aventi diritto”, da identificare secondo le disposizioni dell’art. 2122 c.c., con preferenza per il coniuge, i figli e, se vivevano a carico del lavoratore, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo.

Il Fondo di Garanzia interviene con modalità diverse a seconda che il datore di lavoro sia soggetto o meno alle procedure concorsuali. I requisiti dell’intervento del Fondo di garanzia sono: a) la cessazione del rapporto di lavoro subordinato; b) l’apertura di una procedura concorsuale (fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria); c) l’esistenza del credito per TFR rimasto insoluto.

L’accertamento del credito in caso di fallimento, amministrazione straordinaria e liquidazione coatta amministrativa, avviene con l’ammissione del credito nello stato passivo della procedura.

L’ammissione del credito nello stato passivo determina la misura dell’obbligazione del Fondo di garanzia.

Nell’ipotesi di datore di lavoro non soggetto alle procedure concorsuali i requisiti dell’intervento del Fondo di garanzia sono: a) cessazione del rapporto di lavoro subordinato; b) inapplicabilità al datore di lavoro delle procedure concorsuali per mancanza dei requisiti soggettivi di cui all’art. 1 L.F.; c) insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro a seguito dell’esperimento dell’esecuzione forzata; d) l’esistenza del credito per TFR rimasto insoluto.

Ai sensi dell’art. 2, comma 5, della legge 29 maggio 1982, n. 297, la prova dell’insolvenza del datore di lavoro deve essere fornita attraverso la dimostrazione che, a seguito dell’esecuzione forzata sul patrimonio dello stesso, le garanzie patrimoniali siano risultate in tutto o in parte insufficienti a soddisfare il credito del lavoratore. Al riguardo la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha ritenuto sufficiente che il lavoratore esperisca, o meglio tenti di esperire, in modo serio ed adeguato, quell’esecuzione forzata che, in relazione al genere ed alla consistenza dei beni pignorati e dell’eventuale concorso di altri creditori maggiormente garantiti, appaia possibile ed utile allo scopo.

Dal punto di vista operativo si ritiene che la dimostrazione dell’insufficienza delle garanzie patrimoniali del datore di lavoro sia soddisfatta allorché si verifichi una delle seguenti ipotesi: – il lavoratore esibisca il verbale di pignoramento mobiliare negativo tentato presso i locali dell’azienda e presso il luogo di residenza del datore di lavoro se imprenditore individuale; – il lavoratore esibisca il verbale di pignoramento mobiliare negativo tentato presso i locali dell’azienda e presso la residenza di tutti coloro che rispondono illimitatamente delle obbligazioni sociali in caso di società di persone; – il lavoratore esibisca il verbale di pignoramento mobiliare negativo tentato presso la sede della società (legale ed operativa se diverse).

Il lavoratore inoltre deve dimostrare l’impossibilità, o l’inutilità del pignoramento immobiliare allegando la visura o il certificato della Conservatoria dei registri immobiliari dei luoghi di nascita e di residenza del datore di lavoro, da cui risulti, rispettivamente, che lo stesso non è titolare di beni immobili o che gli stessi sono gravati da ipoteche in misura superiore al valore del bene. Ai fini dell’intervento del Fondo, al pignoramento negativo può essere equiparato quello mancato quando: a) l’ufficiale giudiziario abbia accertato l’irreperibilità del datore di lavoro all’indirizzo di residenza che risulta dai registri dell’anagrafe comunale; b) l’ufficiale giudiziario abbia constatato, in occasione di almeno due accessi, l’assenza del debitore.

La legge 297/82 non ha previsto un particolare termine di prescrizione entro il quale con la domanda di liquidazione del T.F.R. a carico del Fondo di garanzia deve essere esercitato il relativo diritto: esso, pertanto, rimane quello quinquennale stabilito dall’art. 2948 p. 5) c.c. per il TFR.

La giurisprudenza prevalente della Corte di Cassazione ha riconosciuto che il Fondo di garanzia in virtù dell’accollo legislativamente previsto diviene condebitore solidale del datore di lavoro, pertanto, in forza dell’art. 1310 c.c.: a) tutti gli atti con i quali il lavoratore interrompe la prescrizione nei confronti del datore di lavoro hanno effetti anche nei confronti del Fondo di Garanzia; b) l’eventuale rinuncia alla prescrizione fatta dal datore di lavoro (o dalla procedura concorsuale) non ha effetto nei confronti del Fondo.

A questo proposito si ricorda che la prescrizione è interrotta da qualsiasi atto scritto con il quale il lavoratore costituisce in mora il proprio datore di lavoro e che la proposizione di una domanda giudiziale interrompe la prescrizione con effetti permanenti sino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio (artt. 2943 e 2945 c.c.). L’Istituto è tenuto a liquidare il TFR a carico del Fondo di garanzia nel termine di 60 gg. decorrenti dalla data di presentazione della domanda completa di tutta la documentazione (art. 2, comma 7 della L. 297/82). L’Istituto, quale sostituto di imposta ai sensi della vigente normativa fiscale, è tenuto ad assoggettare a ritenuta le somme erogate a titolo di TFR e oneri accessori.

Il Fondo garantisce il pagamento dell’intero T.F.R. nella misura in cui è accertato nell’ambito della procedura concorsuale o individuale aperta a carico del datore di lavoro.

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