Il pernottamento del figlio minore presso l’abitazione paterna in caso di separazione dei genitori: evoluzione della giurisprudenza che consente al figlio già svezzato di pernottare presso la casa paterna

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Una domanda che spesso viene posta dai padri separati è se possono trascorrere la notte con il figlio e, se sì, a partire da quale età.

Non è possibile, tuttavia, dare una risposta certa a questa domanda, tutt’altro che banale, posto che la legge non prevede nulla a riguardo.

L’unica regola generale e sancita a chiare lettere è che il minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo sia con la madre che col padre, il c.d. diritto alla bigenitorialità.

Per garantire al minore tale diritto, il giudice è chiamato ad adottare, caso per caso, i provvedimenti che si rendono maggiormente opportuni, avendo riguardo all’esclusivo interesse morale e materiale del minore e determinando, di conseguenza, i tempi e le modalità della presenza presso ciascun genitore.

Ciò che accade nella maggior parte dei casi, pur in presenza di un affidamento condiviso, è il collocamento del minore presso uno dei genitori, con conseguente regolamentazione del diritto di visita del genitore non collocatario, generalmente il padre, anche se nulla vieta che il giudice possa dar seguito a specifici accordi intercorsi tra i genitori, purché gli stessi non siano contrari all’interesse preminenti dei figli.

Dal momento che la legge tace sulla questione relativa al pernotto del figlio presso l’abitazione del padre, vediamo quali sono le soluzioni adottate dalla giurisprudenza negli ultimi anni.

In passato, alcuni Fori, quale ad esempio il Tribunale di Roma, forniva alcuni consigli ai genitori per superare eventuali contrasti sul tema pernottamento.

Tra questi consigli vi era quello di prevedere il pernottamento presso il padre solo a partire dai tre anni e con una certa gradualità, intensificando, a partire dai tre anni e mezzo, la frequentazione paterna e, conseguentemente, ampliando le occasioni di pernottamento, finanche ad un intero fine settimana (Trib. Roma, sent. 14.06.2011).

La Suprema Corte, invece, ha ritenuto opportuno individuare nel quarto anno d’età il limite temporale a partire dal quale consentire il pernottamento presso il padre per tutto il weekend (Cass. sent. n. 19594/11).

Entrambe le pronunce si basano sull’erronea convinzione, fortunatamente oggi quasi del tutto superata, che il padre abbia capacità di accudimento del figlio piccolo nettamente inferiori rispetto a quelle della madre.

Le capacità genitoriali, tuttavia, non sono innate e, anzi, per acquisirle è necessario mettersi alla prova come genitori. Genitori infatti non si nasce, bensì si diventa.

Sulla scorta di quest’argomentazione, la giurisprudenza, nel corso degli ultimi anni, si è rapidamente evoluta nel senso di equiparare la posizione del padre e della madre anche con riferimento al discusso pernottamento.

Con una recentissima sentenza del 5 settembre 2018, il Tribunale di Trieste, collocandosi nel solco tracciato da questa giurisprudenza, ha disposto che un bambino di età inferiore ai tre anni potesse pernottare presso il padre, posto che era già avvenuto lo svezzamento e che non erano emersi elementi dai quali presumere l’inadeguatezza paterna all’accudimento del minore.

Dunque, ferma restando l’indefettibile e non trascurabile esigenza del bimbo, non ancora svezzato, di esser nutrito dalla madre mediante allattamento, in tutti gli altri casi non sussiste alcuna ragione che legittimi una limitazione del diritto di ciascun padre, oltre che del bambino, di trascorrere insieme la notte, condividendo momenti speciali, quali la favola prima della nanna od il bagnetto serale.

Ed in tal senso la giurisprudenza sembra essersi definitivamente orientata, riconoscendo ampiamente il diritto del padre al pernottamento del figlio nei primissimi anni di vita, anche contro il volere della madre.

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