In caso di separazione o divorzio non può essere riconosciuto un assegno di mantenimento alla giovane moglie disoccupata che pur avendone la capacità e la concreta possibilità non cerca attivamente un lavoro

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Con una recente ordinanza n. 6886 del 20/03/2018 la Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di diritto all’assegno di mantenimento del coniuge separato, assumendo una posizione netta rispetto alle richieste economiche avanzate da una giovane donna disoccupata nei confronti del marito.

In particolare, la Corte ha precisato che lo stato di disoccupazione del coniuge non giustifica l’attribuzione dell’assegno di mantenimento, se non vi è prova di una condotta attiva per la ricerca di un’occupazione lavorativa.

Più precisamente, la Corte ha stabilito che se è vero che nella separazione personale i “redditi adeguati” cui va rapportato, ai sensi dell’articolo 156 c.c., l’assegno di mantenimento a favore del coniuge sono quelli necessari a mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio (cfr. Cass. Civ. n. 12196/2017), è anche vero che la prova della ricorrenza dei presupposti dell’assegno incombe su chi chiede il mantenimento (cfr., tra le tante, Cass. Civ. n. 1691/1987) e che tale prova ha ad oggetto anche la mancanza di inerzia del coniuge richiedente, quando – come nella specie – sia accertato in fatto che, pur potendo, esso non si sia attivato doverosamente per reperire un’occupazione lavorativa retribuita confacente alle sue attitudini, con l’effetto di non poter porre a carico dell’altro coniuge le conseguenze della mancata conservazione del tenore di vita matrimoniale.

Il divario tra le capacità economiche dei coniugi, pur riconosciuto in corso di causa, non è stato dunque un elemento sufficiente a riconoscere il diritto al mantenimento ed alla conservazione del tenore di vita matrimoniale. Ed infatti, nel caso di specie, la Corte ha dato rilievo ad altri elementi – quali la giovane età della donna, la mancanza di patologie invalidanti ed il tempo trascorso dalla data del deposito del ricorso per la separazione – caratterizzanti una condotta di colpevole inerzia della richiedente e come tale non meritevole di tutela.

La Corte ha precisato che l’attitudine del coniuge al lavoro assume rilievo se venga riscontrata in termini di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita. Ciò tenendo conto di ogni concreto fattore individuale e ambientale e con esclusione di valutazioni astratte e meramente ipotetiche.

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