In tema di responsabilità medica le persone danneggiate hanno l’onere di osservare alcune condizioni di procedibilità per formulare correttamente la domanda di risarcimento dei danni

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Con la recente riforma Gelli-Bianco il nostro Legislatore è intervenuto in materia di responsabilità medico-sanitaria, introducendo importanti novità procedurali, da tenere bene a mente per chi, vittima di malasanità, intende agire in giudizio contro il medico o la struttura sanitaria responsabile.

Innanzitutto, ancor prima di rivolgersi ad uno specialista, sia esso un avvocato (sempre consigliato) od un perito, è imprescindibile recuperare tutta la propria documentazione medica e la cartella clinica in possesso del medico/struttura sanitaria.

Le strutture, peraltro, sono tenute a restituire la cartella clinica del paziente che la richiede entro 7 giorni, prolungabili fino a 30 nel caso in cui vi siano delle integrazioni.

Dopodiché è consigliabile rivolgersi ad un avvocato, competente in materia di responsabilità medico-sanitaria, che sappia indirizzare e guidare il danneggiato lungo tutto il percorso giudiziario, che spesso si rivela lungo e tortuoso.

Dal punto di vista processuale, la riforma ha previsto che il danneggiato, prima di agire in giudizio per ottenere il risarcimento del danno, debba necessariamente avviare una procedura conciliativa, che può assumere o la forma della mediazione di cui al Decreto legislativo n. 28 del 2010 o quella dell’accertamento tecnico preventivo prevista dall’art. 696 bis del codice di procedura civile.

Quest’ultima possibilità rappresenta una delle novità più interessanti introdotte dalla riforma per molteplici ragioni.

La parte danneggiata, tramite il proprio difensore, ha dunque la possibilità di proporre, dinanzi al Giudice competente, un ricorso per chiedere l’espletamento di una consulenza tecnica in via preventiva ai fini dell’accertamento della sussistenza del fatto illecito e della determinazione del conseguente risarcimento. Il consulente tecnico nominato tenterà, prima di tutto, di far conciliare le parti. Se questo tentativo va a buon fine, il processo verbale della conciliazione costituirà titolo esecutivo al fine di procedere con la procedura esecutiva per ottenere il risarcimento del danno subito. Se, invece, la conciliazione non riesce, ciascuna parte può chiedere che la relazione del consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito.

È bene tenere a mente che la domanda del giudizio civile ordinario diventa procedibile solo se è stato esperito il tentativo di conciliazione o se lo stesso non si è concluso nel termine perentorio di sei mesi dalla data del deposito del relativo ricorso ex art. 696 bis c.p.c.

L’eventuale improcedibilità deve essere però eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal Giudice entro la prima udienza.

Se eccepita, il Giudice assegnerà alle parti 15 giorni di tempo per presentare innanzi a sé il ricorso per la procedura di accertamento tecnico preventivo o per completarla nel caso in cui la stessa, pur essendo già stata avviata, non si sia ancora conclusa entro i termini previsti.

Di grande rilevanza è la circostanza che tutte le parti, comprese le assicurazioni, sono obbligate a partecipare al procedimento di cui all’art. 696 bis c.p.c.

Inoltre le compagnie di assicurazione hanno l’ulteriore incombente di formulare una proposta risarcitoria o, nell’ipotesi in cui non ritengano di doverla formulare, di indicarne le ragioni.

Se la compagnia assicurativa non formula alcuna proposta risarcitoria e nel successivo giudizio di merito civile si addivenisse ad una sentenza favorevole per il danneggiato, le conseguenze saranno tutt’altro che positive per l’assicurazione, in quanto il Giudice sarà tenuto a segnalare la condotta dell’istituto, trasmettendo una copia della sentenza all’IVASS – Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni per gli adempimenti di sua competenza.

Infine, il Legislatore, nel tentativo di incentivare le parti a ricorrere a questo strumento processuale e, dunque, di evitare l’instaurazione di processi civili lunghi e faticosi, ha previsto la condanna al pagamento delle spese di consulenza e di lite a carico della parte che si rifiuti di parteciparvi, indipendentemente dall’esito del giudizio, oltre che la condanna ad una pena pecuniaria, determinata equitativamente, in favore della parte che, invece, abbia diligentemente partecipato alla conciliazione.

È logico presumere che, al fine di evitare di subire sanzioni pecuniarie o segnalazioni all’IVASS, l’impresa assicuratrice sarà indotta a partecipare attivamente alla procedura conciliativa e a formulare un’idonea offerta risarcitoria nell’ipotesi in cui il consulente tecnico ravvisi una qualche responsabilità a carico dell’assicurato, così evitando a tutte le parti un lungo processo civile.

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