La giurisprudenza italiana riconosce il c.d. diritto all’oblio: il diritto fondamentale di ogni persona ad ottenere la cancellazione delle informazioni sul proprio conto che si trovano sulle reti web

  1. Home
  2. Diritto penale e procedura penale
  3. La giurisprudenza italiana riconosce il c.d. diritto all’oblio: il diritto fondamentale di ogni persona ad ottenere la cancellazione delle informazioni sul proprio conto che si trovano sulle reti web

Se da molti anni in ambito europeo e nazionale si è sentita l’esigenza di far luce sulla portata e sui limiti del diritto di cronaca, solo in tempo recente la giurisprudenza è arrivata a parlare di un vero e proprio diritto all’oblio, andando a specificarne il fondamento e le caratteristiche. In ambito europeo è stato emanato il nuovo Regolamento 2016/679 relativo al trattamento e alla circolazione dei dati personali –che abroga la Dir. 95746 CE- e in ambito nazionale si sono pronunciati di recente il Tribunale di Roma con sentenza n. 23771 del 2015 e la Cassazione Civile con la pronuncia n.13161 del 2016.

Il “diritto ad essere dimenticati” sul web

Uno dei primi riferimenti a un diritto all’oblio lo troviamo nella sentenza  della Cassazione Penale del 2012 , n. 42961, in cui la Suprema Corte afferma che «l’ordinamento tutela il c.d. diritto all’oblio, in ogni caso in cui il riferimento ad eventi risalenti nel tempo non sia giustificato da finalità di ricostruzione storica», senza tuttavia specificarne il contenuto e la portata.  Nel 2015 nel caso “Google Spain”, con riferimento in particolare alle notizie rese pubbliche sul web, i giudici europei sostengono che «il trattamento di dati personali (…)effettuato dal gestore di un motore di ricerca, può incidere significativamente sui diritti fondamentali al rispetto della vita privata e alla protezione dei dati personali, nel caso in cui la ricerca con l’aiuto di tale motore venga effettuata a partire dal nome di una persona fisica e dal momento che detto trattamento consente a qualsiasi utente di Internet di ottenere, mediante l’elenco di risultati, una visione complessiva strutturata delle informazioni relative a questa persona». Occorre, dunque, ricercare un giusto equilibrio -tra l’interesse ad essere informati e i diritti fondamentali della persona di cui trattasi derivanti dagli articoli 7 e 8 della Carta che «può nondimeno dipendere, in casi particolari, dalla natura dell’informazione di cui trattasi e dal suo carattere sensibile per la vita privata della persona suddetta, nonché dall’interesse del pubblico a disporre di tale informazione, il quale può variare, in particolare, a seconda del ruolo che tale persona riveste nella vita pubblica».

Possiamo affermare che i fattori determinanti nel riconoscimento del diritto all’oblio siano l’interesse pubblico della notizia e il tempo. Quest’ultimo trovava la sua disciplina nella dir. 95/46, art. 6 lett. e) e d) in cui si prevede che devono essere prese tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare i dati inesatti o incompleti rispetto alle finalità per le quali sono rilevati e che tali dati siano conservati in modo da consentire l’identificazione delle persone interessate per un arco di tempo non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono rilevati», recepita testualmente dal codice della privacy italiano e ripresa nel nuovo regolamento europeo del 2016[1].

Il Tribunale Roma, nella sentenza del 2015, applicando i principi indicati dalla Corte di Giustizia definiva il diritto all’oblio «una peculiare espressione del diritto alla riservatezza, che legittima l’utente a chiedere al motore di ricerca web la rimozione dei link da quei siti che ritiene lesivi della propria reputazione e riservatezza, ottenendo la cancellazione dei contenuti delle pagine web che offrono una rappresentazione non più attuale della propria individualità» a condizione che il fatto non sia recente e non rivesta più interesse pubblico.

La parabola si chiude con la recente pronuncia della Cassazione civile che nella sentenza n. 13161 del 2016 nella quale i giudici di legittimità sottolineano la differenza del momento temporale in cui sorge il diritto all’oblio rispetto alle tutele connesse al diritto di cronaca: «l’illecito trattamento di dati personali è stato specificamente ravvisato non già nel contenuto e nelle originarie modalità di pubblicazione e diffusione on line dell’articolo di cronaca, né nella conservazione e archiviazione informatica di una notizia, ma nel mantenimento del diretto ed agevole accesso a quel risalente servizio giornalistico (…) In particolare  era incontestato che digitando tramite il motore esterno di ricerca Google il nominativo del P. si accedeva alla prima pagina del sito web che includeva affiancato e associato alla reclamizzata attività di ristorazione anche il link sull’articolo di cronaca sulla vicenda di rilevanza penale ed agevolmente visualizzabile, quando era trascorso sufficiente tempo perchè le notizie divulgate potessero avere soddisfatto gli interessi pubblici sottesi al diritto di cronaca giornalistica».

Possiamo dunque affermare, sulla base degli sviluppi normativi e giurisprudenziale che sussiste un autonomo diritto all’oblio, che costituisce l’altra faccia della medaglia delle tutele rispetto al diritto di cronaca e che trova il suo fondamento non tanto sulla verità e la completezza della notizia riportata, ma sulla persistenza nel tempo dell’interesse pubblico presente nel momento iniziale della pubblicazione e sulla tutela della riservatezza e dell’identità personale.

[1] La novità della nuova disciplina dell’Unione consiste nella previsione esplicita all’ art. 17  del diritto alla cancellazione – la c.d. “de-indicizzazione” nel caso del web- o diritto all’oblio: «l’’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti:

  1. a) i dati non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati;
  2. b) l’interessato ritira il consenso su cui si basa il trattamento e non sussiste altro motivo legittimo per trattare i dati;
  3. c) l’interessato si oppone al trattamento dei dati personali e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento;
  4. d) i dati sono stati trattati illecitamente;
  5. e) i dati devono essere cancellati per adempiere un obbligo legale previsto dal diritto dell’Unione o degli Stati membri cui è soggetto il titolare del trattamento;
  6. f) i dati sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione.

Inoltre sempre l’art. 17 chiarisce che il titolare del trattamento, se ha reso pubblici dati personali ed è obbligato a cancellarli, tenendo conto della tecnologia disponibile e dei costi di attuazione prende le misure ragionevoli, anche tecniche, per informare i responsabili del trattamento che stanno trattando i dati della richiesta dell’interessato di cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei suoi dati personali.

Menu