L’impugnazione del testamento scritto di pugno dal testatore (c.d. testamento olografo)

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Con sentenza n. 12307 del 15/06/2015 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione pongono fine ad un’annosa questione, oggetto di disputa tra le sezioni semplici, in merito alle modalità di contestazione dell’autenticità di un testamento olografo.
Prima di addentrarci nell’esame di tale decisiva pronuncia, appare opportuno offrire qualche breve cenno a proposito del testamento olografo, che rappresenta la forma più semplice, oltre che economica, per poter esprimere liberamente le proprie ultime volontà, senza dover recarsi da un notaio e senza che sia necessaria la presenza di testimoni.
L’art. 602 c.c. impone però il rispetto di tre requisiti fondamentali, ai fini della validità di tale scrittura testamentaria, consistenti:
1) nell’autografia ovvero l’atto deve essere scritto di proprio pugno da parte del testatore, in ogni sua parte, senza l’ausilio di mezzi meccanici o di terzi;
2) nella data che deve contenere l’indicazione del giorno, del mese e dell’anno;
3) nella sottoscrizione che serve ad indicare con certezza la persona del testatore e che può essere apposta in calce o a margine del foglio.
Una volta redatto il testamento, nel rispetto dei requisiti sopradescritti, lo stesso può essere conservato dal testatore, con il rischio di un eventuale smarrimento o sottrazione, oppure può essere depositato presso un notaio, che ne provvederà alla pubblicazione in seguito alla morte del testatore (art. 620 c.c.).
Secondo un primo orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. n. 7475/2005; Cass. 26943/2008; Cass. 28637/2011), considerata la natura di scrittura privata del testamento olografo, chi ha intenzione di contestarne l’autenticità deve semplicemente disconoscere tale scrittura, con conseguente onere in capo a colui che vanti diritti in forza di detto testamento di proporre istanza di verificazione di scrittura privata, al fine di accertarne la genuinità (art. 241 ss c.p.c.).
Secondo altra autorevole impostazione, invece, l’unico modo per contestare la veridicità della scrittura testamentaria è costituito dalla proposizione della querela di falso (art. 221 ss c.p.c.), in quanto il disconoscimento di una scrittura privata può essere operato soltanto da parte del suo autore. Nel caso del testamento olografo, la terzietà di colui che fa valere l’atto, impedisce di ricorrere allo strumento in questione, risolvendosi in un’eccezione di falso (cfr. Cass. n. 16362/03; Cass. N. 8272/ 2012).
Le Sezioni Unite, non condividendo nessuna delle succitate tesi, si richiamano ad un principio espresso con una sentenza piuttosto risalente nel tempo, ossia la n. 1545 del 15 giugno 1951, in base alla quale il successore che intenda impugnare un testamento olografo deve formulare domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, con conseguente necessario assolvimento dell’onere probatorio circa quanto contestato.
I giudici di legittimità hanno affermato, infatti, che il testamento, ossia l’atto che raccoglie le ultime volontà del de cuius, non può essere equiparato ad una qualsiasi scrittura proveniente da terzi, ritenendo conseguentemente di non dovere rendere troppo gravosa la posizione dell’attore, che si dichiara erede in base a tale atto.

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