Nel caso in cui l’abitazione in affitto sia affetta da gravi vizi il conduttore non può autoridursi il canone di locazione ma deve citare in giudizio il locatore per chiedere la riduzione del canone o la risoluzione del contratto

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Il conduttore dell’immobile concesso in locazione non può decidere arbitrariamente una autoriduzione dell’importo del canone di locazione dovuto, nemmeno in presenza di gravi difetti e vizi strutturali dell’immobile, riscontrati soltanto successivamente alla sottoscrizione del contratto e taciuti dal locatore.

A confermare tale principio è una recente sentenza della Corte di Cassazione Civile n. 7636/2016 che ponendosi nel solco già segnato dalla precedente giurisprudenza di legittimità e di merito ha rigettato il ricorso di un conduttore, che aveva deciso unilateralmente di ridurre l’importo del canone a causa della presenza di gravi vizi strutturali di cui l’immobile condotto in locazione risultava affetto. Tali vizi, taciuti al momento di sottoscrizione del contratto, rendevano l’abitazione inidonea all’uso pattuito.

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L’inquilino quindi dopo essersi visto notificare un decreto ingiuntivo da parte del locatore aveva proposto opposizione in Tribunale, sostenendo che il canone di locazione concordato non corrispondeva all’effettivo valore dell’immobile. La Corte di Cassazione rigettava pertanto il ricorso, stabilendo che non è possibile procedere alla cosiddetta autoriduzione del canone di locazione, sia che si tratti di immobile adibito ad uso abitativo che ad uso commerciale.

I giudici di legittimità hanno precisato, altresì, che l’inquilino non può detrarre nemmeno le somme eventualmente spese per procedere alle riparazioni straordinarie, anche urgenti e non rimborsate dal padrone di casa, sui canoni di locazione successivi.

In presenza di un vizio rilevante e non conosciuto, il conduttore può solo citare in giudizio il locatore e può quindi chiedere la riduzione del prezzo di affitto o la risoluzione del contratto. Se il conduttore chiede anche il risarcimento del danno deve dare prova della sussistenza del vizio e del nesso causale con il pregiudizio di cui chiede il risarcimento. L’effetto principale che si determina in tali casi è quindi l’annullamento del contratto.

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Questo significa, in altri termini, che l’inquilino che voglia contestare al padrone di casa un vizio dell’appartamento deve prima pagare l’intero canone di affitto e poi, eventualmente, citare in giudizio il locatore. In tale giudizio potrebbe chiedere alternativamente: a) lo scioglimento del contratto (cosiddetta risoluzione contrattuale) e, quindi, “annullare” l’affitto per poter lasciare liberamente l’immobile, senza essere costretto a dover ancora pagare; b) chiedere una riduzione del prezzo di affitto.

Il padrone di casa si può difendere solo dimostrando che tali vizi erano conosciuti dall’inquilino al momento della firma del contratto o erano facilmente riconoscibili.

L’unico caso in cui il conduttore può sospendere il pagamento del canone di locazione si verifica soltanto nell’ipotesi in cui l’immobile risulti completamente inutilizzabile (per esempio se le infiltrazioni sono tali e tante da costringere il conduttore a dover andare via di casa).

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