Non è necessario il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa per la configurabilità del delitto di atti persecutori c.d. stalking

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La Corte di Cassazione con la sentenza n. 35778 del 2016 ha precisato la natura di reato a fattispecie alternative del delitto previsto all’art. 612 bis c.p., che disciplina gli atti persecutori c.d. stalking.

L’articolo in questione prevede, infatti, che “(..) è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita (..)”.

Nel caso di specie, il ricorrente condannato in primo e secondo grado per stalking, era ricorso in Cassazione adducendo, tra le altre motivazioni, quella secondo cui non erano state correttamente esplicitate quali fossero le conseguenze delle condotte dell’imputato e in che misura avessero contribuito a mutare le abitudini di vita della persona offesa.

La Corte ha reputato il ricorso inammissibile sulla base del fatto che, essendo il delitto di stalking un reato a fattispecie alternative, non è necessario che le condotte del soggetto agente provochino un mutamento delle abitudini di vita della vittima, ma è sufficiente che abbiano generato nella stessa uno stato di ansia ed un timore per la propria incolumità.

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