Obbligo di avvisare l’indagato del diritto di farsi assistere da un avvocato prima di sottoporlo all’alcool test

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Nella prassi giudiziaria è piuttosto frequente che, nei procedimenti penali per guida in stato di ebbrezza, l’imputato venga assolto a seguito dell’invalidazione dell’alcooltest.

Ciò accade prevalentemente per una ragione di natura squisitamente burocratica, ossia per la dimenticanza degli agenti che effettuano l’alcooltest di avvisare preventivamente l’indagato della sua facoltà di farsi assistere da un avvocato.

Ed infatti, l’art. 114 delle disposizioni attuative al codice di procedura penale stabilisce che la polizia giudiziaria, nel procedere al compimento degli atti indicati dall’art. 356 del codice di rito, deve avvertire l’indagato, se presente, della sua facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia.

L’art. 356 c.p.p. prescrive, a sua volta, che il difensore dell’indagato ha la facoltà (non l’obbligo) di assistere agli atti previsti dagli articoli 352 e 354 c.p.p. (perquisizioni, accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone, sequestri), oltre che all’apertura di plichi e corrispondenza, senza peraltro avere alcun diritto di esser preventivamente avvisato (trattasi di atti c.d. “a sorpresa”, in merito ai quali l’indagato ed il suo difensore non possono esser preavvisati altrimenti si rischierebbe di vanificare l’attività investigativa e disperdere le fonti di prova che si vogliono ricercare).

Dunque, il mancato avviso al conducente di farsi assistere dal proprio avvocato prima dell’alcooltest è causa di nullità dell’accertamento, ossia dell’alcooltest stesso.

Tale nullità, se regolarmente eccepita, non può che condurre ad un pieno proscioglimento dell’indagato, mancando la prova principe che ne accerta lo stato di ebbrezza alla guida.

In passato, si riteneva che tale nullità fosse, secondo il gergo tecnico, “a regime intermedio”, ossia che dovesse esser rilevata necessariamente prima del compimento dell’atto stesso o, in caso di impossibilità, immediatamente dopo il compimento del medesimo.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha contraddetto tale orientamento giurisprudenziale, ritenendolo iniquo, in quanto un uomo comune, fermato dalla polizia giudiziaria e sottoposto ad un accertamento con l’etilometro, non ha, di regola, le competenze tecniche necessarie per rendersi conto dell’illegittimità o meno dell’atto che viene compiuto, in quanto ignora le regole processuali.

Per tale ragione non può incombere su tale soggetto l’onere di eccepire eventuali irregolarità processuali nell’immediatezza del fatto, a pena di decadenza.

Trattasi di questioni tecniche estremamente complesse che possono esser rilevate ed eccepite soltanto da un professionista e solo dopo che lo stesso abbia preso in carico la posizione del suo assistito, visionato e studiato gli atti di indagine, che, si ricorda, fino alla conclusione delle indagini preliminari non sono consultabili nè dall’indagato, nè dal suo difensore, in quanto secretati dalla Procura della Repubblica.

Sulla scorta di tali considerazioni, le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione, con l’ormai storica sentenza n. 5396 del 2015, hanno affermato che la nullità conseguente al mancato avvertimento al conducente di un veicolo, da sottoporre all’esame alcolimetrico, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, in violazione dell’art. 114 disp. Att. c.p.p., può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma 3, secondo periodo, c.p.p., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado.

 


 

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