Poteri e doveri dell’amministratore di sostegno nominato dal Giudice Tutelare in presenza di un’infermità di mente o di una menomazione fisica: come individuare la persona più idonea a ricoprire tale incarico?

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L’amministratore di sostegno è una persona nominata dal Giudice Tutelare, con il compito di assistere, sostenere e rappresentare chi, per effetto di una menomazione fisica o psichica, si trovi nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere in tutto o in parte al compimento delle funzioni della vita quotidiana.

La nomina viene effettuata mediante decreto motivato emesso entro il termine di sessanta giorni dal deposito del ricorso ex art. 405 c.c., allorquando ricorrano congiuntamente i seguenti presupposti:

a) infermità o menomazione fisica o psichica della persona;

b) impossibilità per il soggetto, a causa di detta infermità o menomazione, di provvedere ai propri interessi.

Ai fini dell’apertura di una procedura di amministrazione di sostegno rileva, pertanto, non solo un’infermità di mente, ma anche una semplice menomazione psichica (per tale intendendosi quella situazione di disagio che non si traduce in una vera e propria malattia, quale l’affievolimento delle capacità intellettive o mnemoniche nelle persone anziane); rileva, altresì, anche un’infermità o menomazione fisica (per tale intendendosi quella che, pur senza colpire la sfera intellettiva o volitiva, preclude però al soggetto, in tutto o anche solo in parte, l’autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana). Tale infermità o menomazione non deve essere necessariamente abituale, potendo anche essere temporanea e/o colpire soltanto alcuni profili della personalità del soggetto beneficiario, nel quale residua pertanto una seppur limitata capacità di gestione autonoma dei propri affari.

Di fronte ad una patologia di abituale infermità di mente, tale da legittimare sia una pronuncia di interdizione, sia l’apertura dell’amministrazione di sostegno, questa seconda strada è da preferirsi, in quanto in grado di garantire al beneficiario la necessaria tutela, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente.

L’amministrazione di sostegno può essere aperta, di regola, nei confronti del maggiore di età, essendo il minorenne già tutelato in quanto tale. Al fine di evitare soluzioni di continuità con tale ultima misura di protezione, il decreto di apertura dell’amministrazione di sostegno può essere emesso nell’ultimo anno della minore età dell’interessato, pur divenendo esecutivo solo nel momento in cui lo stesso compia il diciottesimo anno.

Il procedimento di amministrazione di sostegno può essere promosso dallo stesso beneficiario, dal coniuge, dalla persona stabilmente convivente, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore, dal curatore, dal pubblico ministero (art. 406, comma I, c.c.), nonché dai responsabili dei servizi sanitari e sociali direttamente impegnati nella cura della persona.

Fase centrale del procedimento di amministrazione di sostegno è l’audizione personale dell’interessato da parte del giudice, che a tal fine deve recarsi, ove occorra, nel luogo in cui questo si trova, in quanto il giudice deve tenere conto, nel definire il contenuto del provvedimento, non solo dei bisogni ma anche delle richieste della persona da tutelare.

In ogni caso, ove necessario, il giudice può adottare anche d’ufficio i provvedimenti urgenti per la cura della persona interessata e/o per la conservazione e l’amministrazione del suo patrimonio, procedendo alla nomina di un amministratore di sostegno provvisorio e con l’indicazione degli atti che quest’ultimo è autorizzato a compiere.

Gli effetti dell’amministrazione di sostegno sono determinati di volta in volta dal provvedimento del Giudice Tutelare che può, in ogni momento, modificare o integrare, anche d’ufficio, le decisioni assunte (c.d. flessibilità dell’amministrazione di sostegno).

La persona destinata a ricoprire il ruolo di amministratore di sostegno viene individuata dal giudice tutelare in quella designata con atto pubblico o scrittura privata autenticata dallo stesso interessato, in previsione della propria eventuale futura incapacità, ovvero, in mancanza della designazione od in presenza di gravi motivi, scegliendola preferibilmente nella persona del coniuge non legalmente separato o della persona stabilmente convivente, del padre, della madre, del figlio, del fratello, della sorella, dei parenti entro il quarto grado. Qualora tale scelta non sia possibile, per motivi di opportunità o altro, l’amministratore è nominato tenuto conto dell’esclusivo interesse del beneficiario, in un soggetto terzo estraneo al nucleo familiare.

Il giudice tutelare, all’atto della nomina dell’amministratore di sostegno, indica:

–  gli atti che quest’ultimo ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, che correlativamente perde la capacità di porli in essere personalmente, con conseguente annullabilità degli atti che lo stesso avesse eventualmente a concludere;

gli atti cui l’amministratore di sostegno deve dare il proprio assenso, prestando così assistenza al proprio beneficiario, che correlativamente perde la capacità di porli in essere da solo, con conseguente annullabilità di quelli che lo stesso avesse a compiere autonomamente.

Nel decreto di nomina il giudice tutelare deve indicare espressamente l’oggetto dell’incarico e gli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, oltre ai limiti, anche periodici, delle spese che l’amministratore di sostegno può sostenere con l’utilizzo delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità.

Gli atti compiuti dall’amministratore di sostegno in violazione di disposizioni di legge o in eccesso rispetto ai poteri conferitigli dal giudice sono annullabili su istanza dello stesso amministratore di sostegno, del pubblico ministero, del beneficiario o dei suoi eredi o aventi causa.

L’amministratore di sostegno deve tenere regolare contabilità della sua amministrazione e renderne conto ogni anno al giudice tutelare.

L’amministratore di sostegno deve, inoltre, sempre ottenere la previa autorizzazione del giudice tutelare per il compimento dei seguenti atti:

1) acquistare beni, tranne i mobili necessari per l’uso del beneficiario, per l’economia domestica e per l’amministrazione del patrimonio;

2) riscuotere capitali, consentire alla cancellazione di ipoteche o allo svincolo di pegni, assumere obbligazioni, salvo che queste riguardino le spese necessarie per il mantenimento del beneficiario e per l’ordinaria amministrazione del suo patrimonio;

3) accettare eredità o rinunciarvi, accettare donazioni o legati soggetti a pesi o condizioni;

4) concludere contratti di locazione d’immobili di durata superiore ai nove anni;

5) promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzie di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi.

Su parere del giudice tutelare è invece richiesta l’autorizzazione del Tribunale, in composizione collegiale, per il compimento dei seguenti atti:

1) alienare beni, eccettuati frutti e mobili soggetti a facile deterioramento;

2) costituire pegni o ipoteche;

3) procedere a divisioni o promuovere i relativi giudizi;

4) fare compromessi e transazioni o accettare concordati.

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