Quando la difesa è legittima, anche all’interno del domicilio privato: c.d. legittima difesa rafforzata

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Uno degli argomenti più dibattuti negli ultimi mesi, o forse anni, è proprio quello riguardante la riforma della legittima difesa, intervento richiesto a gran voce da gran parte dell’opinione pubblica.

Ciò che il cittadino comune chiede, infatti, è la possibilità di usare le armi, legittimamente detenute, all’interno della propria abitazione o del proprio esercizio commerciale, qualora vi fosse la necessità di fronteggiare un malintenzionato, senza il timore di subire ripercussioni, anche di natura economica, ossia senza rischiare il carcere o pagare lauti risarcimenti agli aggressore od ai familiari degli stessi.

Ebbene, ciò che la maggior parte delle persone ignora è che, in realtà, il legislatore ha già predisposto, ormai da qualche anno, una legittima difesa “rafforzata” per tali ipotesi, che fornisca tutela maggiore agli onesti cittadini e lavoratori, quanto meno nei luoghi ove si svolge la propria vita privata e lavorativa.

Veniamo al dunque.

L’art. 52 del codice penale attualmente prevede che non sia punibile colui che commette un fatto previsto dalla legge come reato per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto, proprio od altrui, contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, purché la difesa sia proporzionata all’offesa.

Da una veloce lettura della norma balzano agli occhi due elementi: da una parte, un’aggressione ingiusta, ossia non legittimata dal nostro ordinamento, dall’altra una reazione legittima.

La prima deve concretarsi in un pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, può sfociare nella lesione di un diritto, proprio od anche di altra persona (ad esempio di un familiare).

Tale diritto non deve necessariamente essere un diritto personale, come il diritto alla vita o all’incolumità psicofisica, bensì può anche trattarsi di un diritto patrimoniale.

Il secondo elemento, ossia la reazione legittima, deve inerire alla necessità di difendersi, all’inevitabilità del pericolo ed alla proporzione tra difesa ed offesa.

Il concetto di “proporzionalità” è purtroppo equivoco: secondo la giurisprudenza il giudizio di proporzionalità tra la difesa e l’offesa va formulato non soltanto con riguardo al rapporto tra i mezzi difensivi a disposizione dell’aggredito ed i mezzi offensivi utilizzati dall’aggressore, bensì anche con riguardo alla proporzione tra il male minacciato ed il male inflitto.

Dunque, a fronte di un’aggressione senza l’utilizzo di armi, sarebbe sproporzionato reagire con l’impiego di un’arma; ugualmente, se il pericolo di offesa inerisce un diritto patrimoniale, sarebbe sproporzionato reagire offendendo un bene giuridico nettamente superiore al patrimonio, come la vita o l’incolumità fisica.

È, peraltro, regola di esperienza che colui che sia aggredito reagisca come può, secondo la concitazione del momento e, per tale ragione, non si può pretendere che riesca a calibrare con esatta simmetria l’intensità della propria reazione.

Il legislatore, inoltre, riconosce anche la c.d. “difesa legittima putativa”, che si verifica quando la situazione di pericolo non esiste realmente, ma viene supposta erroneamente da colui che si difende a causa di un errore nella valutazione dei fatti.

Se tale errore è scusabile, poiché vi sono elementi di fatto che avrebbero potuto indurre in errore chiunque si fosse trovato nella medesima situazione (ad esempio un ladro che tenta di rapinare un gioielliere utilizzando una pistola giocattolo perfettamente somigliante ad un’arma vera), allora l’agente non potrà esser punito per il reato eventualmente commesso.

Allorché l’aggressione si verifichi in luoghi di privata dimora, od anche in un luogo ove viene esercitata un’attività lavorativa (commerciale, professionale o imprenditoriale), il legislatore ha introdotto una presunzione di proporzionalità tra aggressione e reazione con un’arma legittimamente detenuta.

Ciò vuol dire che se un malintenzionato intende rapinarci all’interno del nostro negozio, noi siamo legittimati ad utilizzare un’eventuale arma, purché questa sia legittimamente detenuta ed a condizione che la nostra reazione armata sia necessaria per difendere la nostra incolumità, o quella di altra persona presente, nonché i propri od altrui beni.

In quest’ultimo caso, tuttavia, si richiede qualcosa in più, ossia che l’aggressore dimostri di non voler desistere e permanga il pericolo di aggressione.

In poche parole: se un ladro si introduce in casa e vi è il fondato timore che possa ledere l’incolumità di coloro che vi vivono, sarà consentito usare le armi per difendersi (od altro mezzo idoneo); se, invece, gli unici beni minacciati sono quelli patrimoniali, l’aggredito potrà ugualmente reagire con le armi, ma a condizione che, al momento della reazione, il ladro non si sia dato alla fuga, desistendo dal proprio intento.

In conclusione, a dispetto di quel che si crede, il legislatore ha già predisposto una legittima difesa domiciliare rafforzata, che rende superfluo l’attuale intervento riformatore.

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