Scatta la revoca dell’assegnazione della casa coniugale in favore dell’ex coniuge quando è stato raggiunto un accordo sul mantenimento e non ci sono figli minori da tutelare

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Se i coniugi in sede di separazione consensuale raggiungono un accordo sul mantenimento, il provvedimento di assegnazione in uso della casa coniugale in favore dell’ex potrà essere revocato con la domanda di divorzio, non sussistendo alcuna ragione giustificatrice dell’assegnazione della casa coniugale alla moglie, in assenza di figli minori o maggiorenni ma economicamente non autosufficienti da tutelare.

A sancirlo la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, con ordinanza n. 7939/2019, con la quale viene rigettato il ricorso proposto dalla moglie avverso la sentenza della Corte di Appello sul presupposto che l’accordo tra i coniugi circa l’utilizzazione dell’abitazione sia stato erroneamente interpretato dai giudici di merito come avente causa direttamente nella separazione e non come autonomo accordo.

La vicenda trae origine dalla sentenza pronunciata dal Tribunale in sede di divorzio, su ricorso proposto dal marito al fine di ottenere la revoca del godimento dell’immobile assegnato in uso alla sua ex in base all’accordo di separazione consensuale in precedenza raggiunto, domanda che trova accoglimento, non sussistendo alcuna ragione giustificatrice dell’assegnazione della casa coniugale alla moglie in assenza di figli.

La decisione viene confermata, altresì, dalla Corte d’Appello secondo cui l’accordo tra i coniugi aveva creato un nesso tra l’utilizzo dell’abitazione e la quantificazione dell’assegno di mantenimento, trovando dunque causa direttamente nella separazione prima e nel divorzio poi, essendo diretto ad assolvere i doveri di solidarietà coniugale.

Il collegio, uniformandosi alle precedenti pronunce, ritiene che l’accordo coniugale sia stato correttamente interpretato senza alcuna violazione dei criteri ermeneutici dettati dagli artt. 1362 e ss. del codice civile. In particolare, la Cassazione dà continuità al consolidato orientamento secondo cui le censure ai criteri interpretativi di clausole contrattuali o accordi negoziali non possono risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata.

In particolare, il giudice a quo ha affermato che l’accordo di separazione consensuale raggiunto tra le parti ha creato un nesso tra l’utilizzo dell’abitazione e la quantificazione dell’assegno di mantenimento, trovando causa direttamente nella separazione prima e nel divorzio poi, essendo diretto ad assolvere i doveri di solidarietà coniugale per il tempo immediatamente successivo alla cessazione della convivenza.

 

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