Un genitore ha il diritto di mantenere rapporti con i figli qualora si separi dall’altro genitore ma dove sta il confine tra esercizio di un proprio diritto e reato di atti persecutori?

In un recente caso, con sentenza n. 2512  del 21 gennaio 2021, la Corte di Cassazione ha stabilito che integra il reato di atti persecutori (c.d. stalking) ai danni della figlia, la condotta del padre che, attraverso comportamenti insistenti, non la rispetta, presentandosi senza invito ad eventi sportivi e di divertimento della ragazza, dimostrandosi refrattario ai consigli dei consulenti, portando come ragione per giustificare tale condotta che, in una situazione così conflittuale, questo atteggiamento per lui rappresenta l’unico modo per vedere la figlia e tentare di ricomporre con lei un rapporto.

Nei casi in cui i metodi di approccio del genitore risultino inadeguati, disturbanti e persecutori verso il figlio e siano caratterizzati da una tale ripetitività ed assenza di interesse per gli stati d’animo di quest’ultimo, da generare un evidente turbamento, provocando sentimenti di vergogna, di estremo imbarazzo e di paura davanti al comportamento imprevedibile del genitore, sussiste il reato di atti persecutori.

A tal fine non è necessario che il figlio cambi le proprie abitudini di vita, abbandoni lo sport od altre attività che pratica e abbia un calo nel rendimento scolastico, essendo sufficiente che la condotta incriminata del genitore abbia indotto nella stessa vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità.

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